Carmen Mercuri – /www.loschiaffo.org

Un viaggio in un’Italia oscura, balzata agli onori delle cronache solo dopo la tragedia della ThissenKrupp, un affresco sul mondo del lavoro irregolare attraverso i volti sofferti, ripresi in primissimi piani, dei protagonisti reali di storie di ordinaria illegalità.

“E’ un ritratto del mondo dell’edilizia e dei suoi problemi più drammatici quali gli incidenti mortali, ma è anche un film sul lavoro, sull’orgoglio e l’identità del lavoro.” Afferma Daniele Segre “Sono convinto della sua utilità pubblica ed è per questo che utilizzo il cinema per stimolare l’attenzione su temi socialmente rilevanti sui quali occorrerebbe impegnarsi di più.”

Queste le motivazioni alla base degli 88 minuti nei quali si susseguono storie e testimonianze di morti bianche nei cantieri edili.

“Ad ogni realtà in cui sono stato è dedicata una «puntata», c’è una parte dedicata alla Campania, una alla Lombardia, una al Lazio e una al Piemonte. Il tutto confluisce poi in un viaggio dal Nord al Sud, portando le testimonianze dei lavoratori come un richiamo ufficiale, affinché anche le più alte istituzioni dello Stato, dopo aver portato l’attenzione su un problema così drammatico, come ha fatto il presidente Napoletano, si assumano poi degli impegni per garantire un lavoro dove si esce di casa al mattino e si ha la certezza di tornare a casa la sera.”

Il film comincia con le note dell’Inno di Mameli, quasi a voler richiamare la legalità e il primo articolo della Costituzione, e si dipana attraverso le testimonianze di chi il caporalato, la logica dei subappalti al massimo ribasso, il lavoro irregolare, l’assoluta libertà nell’applicazione dei dispositivi di sicurezza, l‘incuranza delle norme le vive sulla propria pelle quotidianamente.

Le voci degli attori fuori campo ne introducono le tappe; resta nel cuore il suono delle parole di Seck Bamba: “In Africa diciamo che anche a un elefante basta un solo giorno per morire. Io non capivo cosa volesse dire. Qui in Italia ho capito che l’elefante ero io, e che per morire in cantiere mi bastavano solo due ore.“

Morire di lavoro è stato proiettato per la prima volta il 12 febbraio alla Camera dei Deputati dove ha avuto un’ottima accoglienza ma “non sufficiente a far si che il film potesse avere una messa in onda attraverso il servizio pubblico radiotelevisivo, la RAI” Dice Segre.

Eppure il progetto era proprio quello di avere una visibilità attraverso le reti televisive pubbliche e poi diventare uno strumento da usare all’interno delle scuole e in tutti i luoghi di lavoro, proprio perché al centro c’è questo tema di importanza fondamentale che riguarda tutti e non solo i lavoratori. “Non è stata solo RAITRE, la prima ad essere contattata, prima ancora che il film fosse realizzato,“continua il regista “ma anche RAI Cinema che ha avuto modo di vedere il film l’11 gennaio 2008, un mese prima dell’anteprima alla Camera dei Deputati. Nessuno degli interlocutori ha espresso alcun interesse per il film e non sono mai stati precisati i motivi, solo silenzio. C’è da registrare altresì una promozione del film attraverso le reti RAI con servizi e interviste al sottoscritto.“

Questa indifferenza, questo silenzio, dovrebbero far riflettere sulla grossa flessione che c’è tra la rappresentatività del servizio pubblico e la realtà, sulla mancanza di informazione e i bavagli che la costringono. Cliccando qui si può visionare il trailer del film; inutile aspettarne il passaggio in RAI perché lì non lo …vedRAI.